TANTI RACCONTI TANTI COLORI
10,00 €
Il libro contiene 6 racconti illustrati a colori:
- Raggio di luna
- Il pesciolino che non sapeva nuotare
- Il trenino impertinente
- Taddeo e Susanna. Storia di due remi
- Il fanale
- Cricche Crocche e Manico d’Uncino
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Il libro contiene 6 racconti illustrati a colori:
Categoria: | Narrativa |
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“Donne nell’acqua loro” è una storia di donne. Maldestre, fragili, insicure, “sgarruppate”, ma al contempo forti, sicure di sé; alberi alla cui ombra possono trovare rifugio figli, nipoti, amici, mariti.
Servendosi di una lente ironica ed impertinente, Florisa racconta le avventure di un gruppo di convinte praticanti di un corso di acquagym. Attraverso i suoi occhi, queste donne assumono una propria identità, prendono man mano forma e diventano dei personaggi: la Donna Polpo, la Donna Sogliola, l’Allegrona e, poi, c’è LEI: Moby, indiscussa primadonna che si erge con tutta la sua imponenza a sovrastare il gruppo!
Ad accompagnare le giornate in piscina si aprono spiragli di quotidianità, i giochi con i nipotini Alice, Gabriele ed Agnese, le riflessioni sulla sua vita, la malattia dell’amica Grazia, i ricordi di giorni e luoghi lontani. Ed è nello svolgersi di queste giornate che matura la decisione di lasciare il lavoro e riprendersi la propria vita.
Perché la piscina rappresenta tutto questo: è metafora di un contenitore dove ogni donna può racchiudere tutto ciò che pensa, osserva, vive, è…
E il lettore, tra una risata ed una lacrima, non potrà che amarla!
Aurelio, il protagonista delle vicende narrate, è un ispettore scolastico, una figura professionale poco conosciuta anche dagli operatori del settore. Alcuni la assimilano a quella del “chierico vagante”, altri ad un “ranger” americano (come Tex Willer, il protagonista del noto fumetto). Punto di partenza della narrazione è il disagio col quale Aurelio vive i primi tempi della nuova attività, dopo quelle di insegnante e di preside. Le ragioni di tale disagio iniziale sono due: non ha incarichi e non dispone di un ufficio; in breve, non ha un ubi consistam. Dopo due mesi arriva il primo incarico: deve recarsi in una scuola distante più di duecento chilometri per accertare se le lamentele manifestate da alcuni genitori nei riguardi di un insegnante siano fondate. In tutto questo tempo, e durante il viaggio in auto, nella sua mente le attese e la tensione della nuova condizione professionale si alternano ai ricordi delle precedenti esperienze. Tutte le vicende sono ambientate a partire dagli anni in cui il Ministero era retto dalla Thatcher italiana dell’istruzione (Franca Falcucci) e si protraggono sino a quelli di Beppe il cacciavite (Giuseppe Fioroni), un ventennio della società italiana caratterizzato da elevata instabilità politica.
Chierico vagante o Ranger? Storia di un ispettore scolastico è la storia di vent’anni di scuola, descritti, con intento anche ironico, dal punto di vista di un personaggio insolito e poco presente nella narrativa.
Teo, Alma, Lisa e Savio sono quattro diverse facce di uno stesso disagio. Vivono intrappolati in un passato con cui non riescono a fare i conti. Ogni loro tentativo di voltare pagina, di guardare al futuro con occhi nuovi, s’infrange contro il muro di vecchi traumi mai superati. Quelli che sembrano quattro destini disgiunti vengono coinvolti in una vicenda oscura che farà luce su annose questioni irrisolte.
Sullo sfondo domina l’esigenza di riappacificarsi con il proprio trascorso, anelando a un passato perfetto che consenta a ciascuno di vivere il presente senza l’ossessione di doversi voltare a ogni passo, liberandosi, così, del peso debilitante dei rimpianti.
“Destini che si incrociano; storie, apparentemente lontane nel tempo e nello spazio, che si intrecciano seguendo il ritmo delle stagioni.
La quinta stagione sta dietro le “quinte”, abbraccia tutte le altre, mette i personaggi di fronte a loro stessi e alle loro scelte; perché vivere la vita non è eseguire un assolo, ma inserirsi in un coro che canta note in continua mutazione.
Autunno, Inverno, Primavera, Estate.
Quinta.
Malinconia, Squallore, Amore, Allegria.
Equilibrio.
Omicidio, Stupro, Tradimento, Vendetta.
Castigo.”
Un piccolo affresco di immagini femminili che hanno lasciato tracce nella vita dell’autrice. Figure tratteggiate a volte con delicati colori pastellati, altre con livide e drammatiche nuances, ma sempre teneramente abbracciate dal desiderio dell’amore, della gioia di vivere e soprattutto della speranza nonostante tutto. Le loro esistenze non sono separate da quelle degli uomini, ma le comprendono, anche se a volte ciò può essere devastante.
Una visione globale e umana delle dieci protagoniste in cui tanti elementi entrano a far parte delle loro vite e della narrazione: la cultura, il periodo storico, lo status sociale e perfino la loro collocazione geografica.
E come sempre ci ha abituato l’autrice con il suo stile ironico e poetico al tempo stesso, entrando nelle vite di queste dieci figure femminili, si sorride, si ride, si piange, si riflette e ci si emoziona.
Dicono che quando stai per morire ti scorra davanti agli occhi tutta la tua vita in un attimo. A Francesco non va proprio così: lui ripercorre la vita di Maya e Lorenzo, o meglio, la loro storia d’amore. Quella di due anime che si sono unite in maniera indissolubile senza lasciarsi più. Neanche nei momenti peggiori. Ma può l’amore tenere uniti due corpi che non fanno altro che respingersi?
Baciami prima di andare è una storia vera che viene raccontata da un letto d’ospedale, dove l’autore e il protagonista finiscono per colpa di un incidente d’auto. Situazione che porta Francesco a ricordare la storia tra Maya e Lorenzo: il primo incontro; il primo bacio; i tanti pensieri scritti; l’esplosione di una passione senza limiti che li porta a viaggiare per il mondo, dal Brasile al Marocco, passando per le Antille, ma tornando sempre a Napoli. Metafora di un punto di partenza in cui ad attenderli c’è sempre quell’amore che non vuole saperne di lasciarli andare. Come un elastico che, in un tira e molla continuo, appare sempre vicino al suo punto di rottura.
Siamo intorno al 270 a.C.; Roma ha conquistato Taras, la più importante città della Grecia d’Occidente, conosciuta anche come Magna grecia, e ha ormai il controllo della penisola italiana. Alcuni spiriti indomiti, come il poeta Leonida, lasciano Taras scegliendo l’esilio volontario e trovano asilo nella comunità greca che vive intorno al Tempio di Hera Lacinia (oggi Capo Colonna, vicino Crotone).
I personaggi de La taverna di Crisa si trovano ad essere protagonisti involontari e inconsapevoli di un momento storicamente significativo: il passaggio dal mondo greco al mondo romano. I rapporti sentimentali e conflittuali che si instaurano tra i protagonisti sono quelli che costantemente si profilano nelle relazioni umane in presenza dei tanti cambiamenti avvenuti nella storia dell’uomo.
Siamo in un periodo lontano da noi ma il filo rosso che rende attuale il romanzo è rappresentato proprio dalla tumultuosa fase di cambiamento che anche oggi ci troviamo a vivere.
Diverse le cause, diverse le epoche ma costante il protagonista: l’uomo con il suo bagaglio ricco di contrastanti sentimenti che vanno dal rifiuto del presente per rifugiarsi nel passato, comodo e sicuro in quanto vissuto, alla speranzosa fiducia nel futuro.
“Mi chiamo Ernest. Ernest Verner. Sono nato in una cittadina della Moravia del nord nel 1918. Mia madre faceva l’insegnante, luterana praticante, di una buona famiglia cecoslovacca. Mio padre era un montanaro svizzero, di San Gallo per l’esattezza, della blasonata famiglia Scheitlin, e dirigeva una centrale del latte in Austria. A nove anni fui messo in un collegio di Gesuiti in Svizzera dal quale scappai a quindici, alla volta di Bruxelles, per non subire più le prepotenze di compagni e professori che mi deridevano continuamente perché ero goffo e taciturno.
Da allora non mi sono più fermato. Alla ricerca della mia unica possibile strada… quella di essere un artista!”
Durante un appassionato lavoro di ricerca iniziato due anni fa su Ernest Verner, artista ancora misconosciuto, ho avuto la fortuna di ritrovarmi tra le mani il dattiloscritto inedito Le Quêteur (Il questuante, 1994) di André Louis Caruel, psicanalista e scrittore francese che ritrae Verner nel suo periodo parigino a ridosso degli anni Cinquanta. Caruel, che gli è stato vicino in quegli anni, racconta le vicissitudini e le frequentazioni dell’amico pittore in modo sottilmente umoristico, spesso evidenziando il suo tratto esistenzialista, straniero a se stesso e al mondo, anticonformista e riluttante ad accettare le leggi del mercato dell’arte. (A. Leccese)
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