Antropologia dell’alterità

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  • Al margine di Borges

    Lisa Block de Behar ha riunito in questo libro le sue letture ricorrenti delle pagine di Borges, annotazioni, approssimazioni teoriche e interpretative che si sono andate moltiplicando al margine di Borges.
    Sono annotazioni che cercano di cogliere l’universalità di una scrittura trasgressiva, le affinità imprevedibili che la sua scrittura provoca.
    Si tratta di una trasgressione che rivendica il suo senso originale, l’eco del passare oltre, trascendenza che supera o sospende i limiti intravedendo spazi differenti, rievocandoli.
    Nelle pagine di Borges una cella di Praga non si distingue da un cortile di Tacuaremb, un sobborgo di Buenos Aires si confonde con un suburbio di Dublino.
    Tra letteratura e filosofia, tra poesia e teoria, tra storia e finzione, tra realtà e rappresentazione, tra verità e il suo contrario, si avverte che neppure i tempi differiscono, spariscono in un istante: una mancanza di tempo che coincide con l’eternità.
    Non è possibile sottrarsi al contrassegno (altro margine) che Borges introduce nell’immaginazione e nel pensiero di questa parte finale del secolo. Per questo, non è eccessivo affermare che ogni testo si inscrive al margine di Borges.

    12,92 
  • Che cosa significa significare?
    Itinerari nello studio dei segni

    Il problema del significato è stato spesso affrontato senza che ci si rendesse conto che la sua difficoltà non era tanto dovuta alla ricerca della soluzione quanto alla sua erronea impostazione.
    Il significato è stato inteso come caratteristica interna al segno o come rapporto tra i segni interno al cosiddetto codice o sistema di segni. Questo libro intende invece partire dal significare chiedendosi che cosa significa significare.
    Ciò facendo esso riprende la ricerca condotta da Charles S. Peirce,Victoria,Welby,Giovanni Vailati, Michail M. Bachtin, Thomas A. Sebeok, Ferruccio Rossi-Landi, e Augusto Ponzio.
    La domanda sul significato del significare conferisce al significare il centro dell’attenzione e pone la questione del significato subordinatamente a tale attività. Interrogarsi sul significato del significare vuol dire nell’intento di questo libro due cose: che cosa significa significare? e qual è il senso del significare?

    15,49 
  • Come comunicano gli animali che non parlano

    Questo libro si occupa della comunicazione degli animali non umani. Nello stesso tempo è un contributo fondamentale alla zoosemiotica, cioè allo studio della comunicazione animale in generale, umana e non umana.
    E’ il linguaggio inteso come procedura modellizzante primaria, distinto dal parlare, procedura modellizzante secondaria, a differenziare la comunicazione umana dalla comunicazione degli animali non umani.
    La zoosemiotica è inquadrata nel vasto ambito della biosemiotica, per la quale la comunicazione è la caratteristica specifica della vita, dai procarioti o batteri agli eucarioti dei grandi regni (animali, piante, funghi) e ai programmi comunicativi interni all’organismo che ne permettono la riproduzione e il mantenimento (codice genetico, sistema immunitario, ecc.). Perciò questo libro è anche un contributo alla semiotica globale per la quale la semiosfera coincide con la biosfera.

    15,57 
  • dal Sudafrica

    Dal Sudafrica, paese ricco ed economicamente sviluppato, paese che occupa un ruolo importante nella scacchiera internazionale delle grandi potenze, provengono voci di sofferenza per la crescente diffusione della povertà e delle malattie come l’AIDS. Queste voci, raccolte dai nuovi movimenti sociali sudafricani, dicono che nella società del post-apartheid, in cui si avvia il nuovo corso della democrazia, si ridisegnano forme antiche e nuove di disuguaglianza e di discriminazione sociale. Dal Sudafrica, esse richiamano alle responsabilità nei riguardi della vita dell’altro, rimettono in discussione diritti umani e forme di vita all’interno del capitalismo globalizzato e chiedono di essere ascoltate.
    Quali i compiti che si impongono alle scienze sociali? Riorientare lo sguardo per leggere le forme dello sviluppo non sganciate dalle forme di riproduzione sociale e di vita.
    Il libro riporta anche, come documentazione e materiale di discussione, testi fra i quali passi scelti della Constitution of Republic South Africa del 1996 e della Prefazione dell’arcivescovo D. Tutu ai lavori della Commissione per la verità e la Riconciliazione, la dichiarazione introduttiva di Zackie Achmat del TAC e quella conclusiva al Summit di Cape Town del 2003.
    L’analisi della società sudafricana, già iniziata con l’esame del sistema dell’apartheid (I diritti delle differenze, Edizioni dal Sud, Bari 1991), è ora dedicata ai problemi della transizione alla democrazia e vuole contribuire alla costituzione di un osservatorio di analisi antropologica dei rapporti tra sviluppo e sottosviluppo nel mondo.

    15,00 
  • Ferruccio Rossi-Landi. Semiotica, economia e pratica sociale

    Questo libro intende indagare i fondamenti teorici della ricerca di Ferruccio Rossi-Landi (1921-1985). Un approccio “materialistico” in cui la critica marxiana dell’ideologia e dell’economia politica incontra la filosofia del linguaggio di Wittgenstein e la semiotica di Morris. È la nozione di “pratica sociale” a rendere possibile la convergenza tra questi autori: il lavoro di cui parla Marx è “pratica sociale”; più in generale, il concetto di “pratica sociale” comprende i tre momenti economici in cui si articola la riproduzione di ogni forma di società: la produzione,
    lo scambio e il consumo. Persino l’ideologia, lungi dall’essere mera contemplazione, è una “pratica progettante”. “Pratica sociale” è la semiosi teorizzata da Morris: la totalità dei processi interpretativi attraverso cui vengono costruiti i segni e i significati. “Pratiche sociali” sono le forme di insegnamento e cooperazione nei luoghi di lavoro attraverso cui Wittgenstein delinea la sua idea di “gioco linguistico”. A Rossi-Landi sono serviti più di vent’anni di approssimazioni successive per potersi rendere conto di come la sua ricerca lo stesse conducendo verso una nuova interpretazione della teoria marxiana della riproduzione sociale. Ne stanno servendo quasi cinquanta – trentacinque dall’anno della sua morte – per incominciare a comprendere la portata reale di quelle approssimazioni, per poterne individuare i limiti e poterne immaginare le potenzialità. La speranza è che il percorso iniziato da Rossi-Landi, con l’avvicinarsi del centenario della sua nascita, venga ripreso e sostenuto attraverso un lavoro di ricerca collettivo.

    18,00 
  • I diritti delle differenze
    Sul sistema dell’apartheid

    Politica dello sviluppo separato significa per il governo dell’apartheid fondamentalmente esclusione dell’altro del sudafricano nero, ridotto a straniero, nella sua terra dalla propria entità politica e culturale; significa far cominciare la storia del Sud Africa con la storia del dominio bianco in Sud Africa.
    Il governo bianco non solo decide dell’identità politica e culturale della popolazione bianca ma, con il pretesto del rispetto delle differenze, decide anche delle identità etniche e culturali della popolazione nera raggruppata nei Bantustan o negli Homeland o nei Black States.
    Le delimitazioni territoriali in cui viene segregata la popolazione nera sono inserite in una politica di tutela delle terre affidate a questa popolazione sicché l’esclusione della popolazione nera dalla cittadinanza sudafricana viene presentata come opera di promozione dello sviluppo di Stati nazionali fondati sul principio di autodeterminazione e di sovranità nazionale.
    Ma i meccanismi attraverso i quali si esercita la tutela di un popolo sono in evidente contraddizione con il suo processo di autodeterminazione razziale.
    L’apartheid opera l’esclusione dell’idea di umanità dal diritto perché segna la fine della solidarietà che è alla base di questa idea; e la costituzione di nazioni indipendenti su basi etniche affida la comunità al suo istinto di conservazione, la separa dai vincoli della solidarietà umana e la svincola dal valore simbolico di umanità.
    Questo libro contiene anche, come documentazione e materiale di discussione, testi fra i quali la Costituzione sudafricana del 1961, passi scelti della Costituzione sudafricana del 1983, la Carta della libertà dell’A.N.C. e la Carta di Algeri.

    10,33 
  • I ricordi, la memoria, l’oblio
    Foto-grafie senza soggetto

    Il testo letterario e la fotografia hanno in comune un vuoto incolmabile, una specie di mancanza ontologica, per questo possono stare insieme. Da un racconto nasce una fotografia, come in una fotografia può vivere una storia.
    Una fotografia è come una meteora, una luce accesa, una finestra, un porto, un molo, una nave che ritorna con Sempre qualcosa di diverso a bordo (Pessoa) a seconda dei suoi passeggeri: gli sguardi che l'attraversano.
    La memoria e l'oblio costituiscono il tema delle fotografie di questo libro, il tema con cui esse giocano, anche nel senso che della memoria e dell'oblio esse si prendono gioco. Un gioco di superfici, all'insegna della leggerezza, ma anche un gioco rischioso: scherzare con la memoria e con l'oblio è come scherzare col fuoco, perché significa dissacrare ciò su cui tutto il nostro mondo è costruito: il soggetto, l'identità, la differenza, la comunitarietà, la storia, l'ordine del discorso, il potere.

    9,29 
  • I versi di macchinùmano

    Macchinùmano scrive i suoi versi installato nella consapevolezza di essere coinvolto in un processo di mutazione personale e del suo mondo: il suo corpo e la sua anima stanno per diventare una macchina, un artefatto, un congegno.
    Il suo tempo è in transizione dal tempo biologico al tempo meccanico.
    Sente questo mutamento come una minaccia che mette in dissesto la sua esistenza. Questa è la sua prospettiva, il lembo marginale dal quale scrive.
    Il suo mondo è una città che segue il processo inverso: è un conglomerato meccanico che sta diventando umano.
    Il suo tentativo è quello di ricreare la realtà e cerca in sé uno strumento, l’ultima cellula rimasta umana, per compiere la sua impresa disperata.
    Martìn Ibarra y Pèrez (Cartagena, Spagna – 1956) è laureato in teologia all’Università Pontificia di Salamanca, Spagna. Come pastore dell’Unione delle Chiese Evangeliche Battiste, ha lavorato in associazioni di volontariato in Spagna e in Italia per il recupero di tossicodipendenti e per il sostegno di persone emarginate.

    10,33 
  • Itinerari di antropologia culturale

    Il libro esamina alcuni itinerari dell’antropologia culturale particolarmente significativi, per comprenderne l’attuale configurazione e per individuare i compiti a cui essa, in situazioni storiche diversificate da quelle in cui nacque, può oggi essere chiamata.
    Ma “itinerari” nel titolo si riferisce anche a un’innegabile caratteristica dell’antropologia culturale, quella del suo collegamento con il viaggio: sua caratteristica talmente peculiare, da comportarne la riorganizzazione, una volta che l’antropologo deve ormai, come già Lévi-Strauss diceva in Tristi Tropici, e a maggior ragione oggi con la mondializzazione del mercato, dare l’addio ai viaggi, in seguito alla scomparsa delle culture differenti.
    Si pone, di conseguenza, una questione epistemologica che richiede la riflessione critica sulla formazione degli strumenti concettuali e degli “oggetti” stessi dell’antropologia culturale.
    Per questa strada, ci si trova di fronte al problema del rapporto dell’antropologia culturale con la linguistica e con la semiotica, e a quello del rapporto dell'”oggetto culturale” (il mito, per esempio) con la lingua e più in generale con i sistemi segnici, verbali e non verbali.
    La stessa questione della differenza, oggetto privilegiato dell’antropologia culturale, si decide principalmente in base alla lingua, come soprattutto risulta dal sistema dell’apartheid.

    12,91 
  • L’estraneità che accomuna

    Il soggetto e la struttura di alterità, Percorsi di alterità, ovvero La parola altra: sono queste le tematiche che soprattutto accomunano i discorsi che, da punti di vista anche disciplinarmente diversi, si svolgono in questo libro, che ha nell’incontro dialogico il suo presupposto e il suo fine.
    La crisi di identità del soggetto è solo un aspetto della crisi della stessa categoria di identità di cui il soggetto è espressione; e ci comporta il riproporsi della questione delle differenze vi compresa la differenza-identità femminile, la cui emersione molto ha contribuito alla evidenziazione della imprescindibile apertura del soggetto verso l’alterità.
    L’alterità del soggetto o anche la sua dimensione corporea, intercorporea, con la sua irriducibile materialità, con la sua resistenza rispetto alla coscienza, al progetto, alla narrazione biografica o alla ricostruzione di una memoria collettiva Ð un’alterità come estraneità, sia l’estraneità come sfida nella ricostruzione di una nuova identità, nella ricomposizione del soggetto, sia l’estraneità che irreparabilmente isola e disgrega, sia quella estraneità che, nella differenza, fondamentalmente accomuna.

    10,33 
  • La scrittura e l’umano
    Saggi, dialoghi, conversazioni

    Nikolaj M. Bachtin, nato a Or’l (Russia), nel 1894 e morto nel 1950 a Birmingham (Inghilterra), nella cui università insegnò dal 1939 fondando nel 1946 il dipartimento di linguistica), è il fratello dell’ormai celebre filosofo russo Michail M. Bachtin con il quale presenta, sul piano tematico, numerosi aspetti in comune nelle sue riflessioni filosofiche e di critica letteraria, di cui sono documento gli scritti di questa raccolta, oltre che nei suoi interessi per gli studi classici, per la linguistica e per la filosofia del linguaggio.
    Certamente Nikolaj influenzò Michail nella sua formazione e per certi aspetti può essere considerato come uno dei componenti del cosiddetto Circolo di Bachtin, sia pure su piano ideale e non reale, dato che la rivoluzione e la guerra civile li separarono e nel 1918 Nikolaj abbandonò per sempre la Russia, arruolandosi prima nella Legione Straniera e successivamente, dopo aver vissuto per un certo periodo a Parigi, trasferendosi definitivamente in Inghilterra.
    Questo volume è, in assoluto, la prima traduzione dal russo degli scritti di Nikolaj M. Bachtin, ben più noto di quanto si possa credere, tanto da diventare, nel romanzo Saints and Scholars di T. Eagleton (1987), uno dei personaggi principali insieme a Bertrand Russell e a Ludwig Wittgenstein, di cui, realmente, fu, durante i suoi studi a Cambridge, amico, contribuendo, pare, con le sue conversazioni, al passaggio del filosofo austriaco dalla posizione del Tractatus a quella delle Ricerche filosofiche.

    15,57 
  • Lévinas vivant
    Riflessioni sul pensiero di Emmanuel Lévinas

    Per Emmanuel Lèvinas (1906-1995) il problema fondamentale della filosofia, il problema dell'essere, è un problema morale.
    Di fronte all'altro l'identità, individuale o comunitaria, viene a trovarsi malgrado la propria buona coscienza senza alibi, all'accusativo, nella situazione di dover dar conto del proprio essere, del posto che occupa nel mondo e che l'altro non occupa, da cui un altro è stato escluso.
    L'accusativo è il primo caso in qualche modo. Il discorso dell'io, e di ogni comunità identitaria, nasce come giustificazione, come difesa dalla responsabilità ossessiva per l'altro.
    La coscienza, dice Lèvinas, è in primo luogo cattiva coscienza. Malgrado la sua buona coscienza e i suoi alibi, l'io è la crisi stessa dell'essere; e l'umano è il riemergere della coscienza non-intenzionale, della cattiva coscienza, della possibilità di temere l'ingiustizia subita all'ingiustizia commessa.
    Lèvinas vivant: effettivamente questo filosofo continua ancora, e forse con sempre maggiore pertinenza dato l'acuirsi del predominio (illusorio ma deleterio e micidiale) dell'identità sull'alterità nella nostra forma sociale ormai mondializzata a interrogarci e a sfidare, in un dialogo che inquieta, le ragioni, gli alibi e le scappatoie che, nella situazione odierna, rendono possibile il perdurare della buona coscienza, della coscienza pacificata. In questo libro i maggiori interpreti di Lèvinas mostrano l'attualità e l'imprescindibilità del suo pensiero.

    15,49 
  • Lingua, metafora, concetto
    Vico e la linguistica cognitiva

    Il ruolo di Vico nell’ambito della semiotica novecentesca, cioè nella scienza o teoria o disciplina che si occupa dei segni, è ben evidenziato da Thomas A. Sebeok in “Some reflections of Vico in semiotics”.
    In questo libro, Marcel Danesi circoscrive la questione del rapporto di Vico con lo studio dei segni a quello con la linguistica, con particolare attenzione al suo più recente orientamento, la linguistica cognitiva. Il punto più forte di contatto fra la concezione vichiana e le ricerche degli ultimi trent’anni nella direzione della linguistica cognitiva è dato dal comune interesse per la metafora quale meccanismo centrale del funzionamento del linguaggio e del pensiero umano.
    Ma non si tratta semplicemente dell’evidenziazione di una somiglianza o del riconoscimento di una precedenza.
    La riflessione vichiana può, secondo Danesi, contribuire alla collocazione delle attuali ricerche in linguistica in un quadro teorico che permetta di spiegare i processi associativi-metaforici caratteristici del pensiero e del linguaggio, cioè della modellazione specie-specifica dell’essere umano…

    10,33 
  • Meditazioni

    Condotto sotto forma di riflessioni per chiarire anche all’autore stesso i problemi di queste “meditazioni”, il libro è una approfondita analisi della situazione attuale della globalizzazione, secondo una visione adeguata ad essa, che sia cioè altrettanto globale e capace di tener conto del coinvolgimento che essa ormai comporta, a livello planetario, di ogni destino individuale e collettivo in quello di tutti gli altri. Risultano in tal modo le contraddizioni dell’attuale fase della globalizzazione.
    La popolazione dello “sviluppo” consiste soltanto nel quindici per cento della popolazione mondiale e quella del “sottosviluppo” nel restante ottantacinque per cento.
    Persistono forti tendenze alla rivendicazione di autonomia, fino all’idea dello “stato etnico”. Il ricorso alla guerra, che, semplicemente per il potenziale distruttivo che può scatenare, dovrebbe essere abolito, è all’ordine del giorno. Il modello capitalistico, che oggi sembra vincente, è messo in crisi dal profilarsi di un’economia di postmercato e di postcapitalismo.
    Accanto all’apertura delle frontiere si assiste alla loro inesorabile chiusura di fronte all’inarrestabile fenomeno della migrazione. All’incremento della produttività e della competitività tramite l’automazione risulta direttamente proporzionale l’aumento della disoccupazione. Ciò richiede di pensare la globalizzazione secondo nuove forme di comunanza che, malgrado l’attuale crisi ed anche impopolarità del socialismo, ne ripropone l’esigenza.

    12,91 
  • Problemi dell’opera di Dostoevskij (1929)

    Nell’opera complessiva di M.M. Bachtin (1895-1975) filosofo, semiotico, critico letterario, la celebre monografia su Dostoevskij occupa un posto esclusivo. Di essa è nota la versione del 1963, che conferì al suo autore fama internazionale dopo anni di isolamento dalla cultura ufficiale. Ma la prima edizione è del 1929.
    La monografia del 1929, fino ad oggi non tradotta in nessuna lingua, è il primo grande studio di Bachtin in cui la letteratura diviene osservatorio privilegiato del suo disegno filosofico, una sorta di epicentro da cui si sono irradiate tutte le sue direzioni di ricerca.
    Nella creazione artistica di Dostoevskij, Bachtin vede l’incarnazione letteraria del suo ideale filosofico-morale: la responsabilità come atteggiamento partecipe-responsivo alla verità altrui e anche come dialogo con se stessi.
    Ritornare a questa edizione, incentrata sulla nozione di dialogo, significa poter meglio ricostruire il percorso teorico bachtiniano riconsiderando in primo luogo questa stessa nozione, spesso fraintesa anche da parte dei principali interpreti di Bachtin, come si dimostra nella presentazione di Augusto Ponzio.
    Nell’intervento introduttivo di Margherita De Michiel, l’opera viene valutata in relazione al contesto attuale degli studi specialistici in Russia, dove la diffusione delle idee di Bachtin conosce oggi un’espansione senza precedenti in tutti i campi delle scienze umane.
    In appendice si presentano due brevi scritti inediti di Bachtin relativi alla rielaborazione del Dostoevskij, particolarmente interessanti per comprendere il passaggio all’edizione del 1963.

    15,49 
  • Scritture/ Visioni
    Percorsi femminili della discorsività

    Scrivere come vedere: il paragone è di Christa Wolf, che nelle Premesse a Cassandra paragona l’opera dello scrittore/scrittrice alla funzione di disvelamento messa in atto dalla veggente troiana. Scrittura è ciò che si dà non nella forma della trascrizione, della messa in parole di linguaggi precedentemente posseduti, bensì in quella della generazione di linguaggio, sia esso verbale o non verbale, come processo in divenire.
    La letteratura, l’arte, il cinema, sono sistemi che partecipano della scrittura come condizione di possibilità del linguaggio: possibilità di vedere oltre gli stereotipi e il senso comune, e possibilità anche di rendere noti, svelati benché mascherati, gli statuti socio-linguistici in base ai quali è organizzato nel mondo l’accesso al discorso.
    Da sempre le donne hanno varcato questo accesso con diffidenza, timidezza, reticenza, data la loro condizione subordinata nelle gerarchie sociali e la loro espressività spesso eretica rispetto all’ordine del discorso.
    Eppure, il più delle volte, quando una donna ha realizzato il passaggio dal silenzio alla parola nella forma della scrittura, lo ha fatto con tale forza e tale carica dirompente da passare a pieno titolo nel campo della sperimentazione più ardita e della rivoluzione dei linguaggi.
    Le donne cui questo libro è dedicato si inscrivono a pieno, pur in forme diverse, in questa tensione. E l’analisi dei testi può permettere di giungere ai luoghi di trasformazione del segno parola, immagine, suono dove è possibile vedere come i segni, pur nella loro autosussistenza estetica, richiamino stili e discorsi la cui interrelazione può mostrarsi pregna di valori non stereotipati.
    (dalla presentazione di Patrizia Calefato)

    12,92 
  • Semiotica e comunicazione

    Il segno sussiste nella relazione con altri segni; dove c'è relazione segnica c'è vita e c'è comunicazione: tutto ciò che vive comunica e comunica in quanto vive. La scienza dei segni. la semiotica, si prospetta pertanto come scienza della vita e come scienza della comunicazione.
    Nella nostra forma sociale la comunicazione-semiosi si manifesta come comunicazione-produzione fonologica e monosemiosica: un sistema mediale e spettacolare che controlla il mercato delle notizie, delle idee, della politica, e che detiene i mezzi di produzione e riproduzione della società, della economia e del consenso. Si perde così di vista una ben più ampia comunicazione, quella dell'intera vita sul pianeta: la comunicazione-vita , dialogica e plurisemiosica, il lavoro della materia vivente, in cui il processo comunicativo è l'esperienza della differenza non indifferente, o del sentir l'altro, e non il semplice e consapevole passaggio di informazione da una emittente a un ricevente, come sei trattasse d'un pacco spedito presso un ufficio postale e ricevuto presso un altro, che risulta invece una visione inadeguata e riduttiva della sermiosi.

    13,00 
  • Semiotica e dialettica

    Lo studio dei segni, la semiotica, ha a che fare con la dialettica, indipendentemente dall'impiego, nel suo discorso, di tale nozione. Il carattere implicitamente dialettico della semiotica non riguarda soltanto l'interazione tra le materie e tra gli oggetti di studio collegati dalla rete dei segni. La dialettica riguarda anche la relazione in cui la semiotica, orientata nella direzione di Peirce, Morris e Sebeok, fa consistere il segno: il segno non sussiste se non come rapporto triadico oggetto-segno-interpretante, che costituisce una sorta di cellula tenuta in vita dal rapporto con altre cellule dello stesso tipo in una catena infinita di rinvii da interpretante a interpretante.
    In questo libro il rapporto semiotica-dialettica viene esaminato nell'ambito della teoria della conoscenza, della logica, della linguistica, della matematica, della cibernetica, della fisica quantistica, dell'economia politica e dell'etica rinnovata nella direzione di ciò che Lévinas ha indicato, in contrapposizione all'umanesimo dell'identità, umanesimo dell'alterità.
    L'ampiezza tematica di quest'opera è resa possibile dal fatto che essa si avvale di lavori realizzati nell'arco di circa un trentennio. Volendo in breve dare un'idea della prospettiva secondo cui essi si sono andati orientando, è possibile farlo elencando i nomi degli autori maggiormente citati, quali Pietro Ispano, Marx, Peirce, Bachtin, Lévinas, Rossi-Landi, Schaff, Sebeok, nomi che fanno anche da indicatori di un percorso ancora da compiere circa il rapporto, da entrambe le parti ineludibile, tra semiotica e dialettica.

    15,00 
  • Viaggio nel sistema educativo del SENEGAL – Alla scoperta delle Daaras

    Il libro affronta le tematiche relative al lavoro antropologico ed etnografico sul campo; mostra le complessità connaturate al lavoro di ricerca; inquadra il contesto sociale generale del Paese, evidenziandone la realtà educativo-formativa esistente, confrontandola con quella italiana; esamina casi-studio specifici in alcune zone della città di Dakar; espone punti di riflessione sul lavoro antropologico e indica gli aspetti basilari della ricerca. Il tema specialistico sui servizi per l’infanzia, poco affrontato in un contesto come quello africano, ha maturato nell’autore l’ambiziosa fermezza di abbandonare l’accademismo e compiere un lavoro che non si limita a ricercare quello dei grandi autori.

    14,00